Formula 1, sfatiamo i luoghi comuni sul'incidente di Singapore

Dopo il crash che ha coinvolto Vettel, Raikkonen e Verstappen si è sentito di tutto. Analizziamo l'accaduto mettendo da parte le animosità da tifosi. 

Alberto Sabbatini

18.09.2017 15:06

Al bar Sport della Formula Uno tutti parlano di tutto. Ma talvolta gli appassionati che si lasciano andare a giudizi sommari non hanno la conoscenza o semplicemente gli elementi in mano per un giudizio realistico. E spesso non riescono nemmeno a togliersi di dosso la prevenzione del tifoso e si fanno condizionare dalla simpatia o dall’antipatia verso un pilota. L’esempio perfetto è Verstappen. Siccome è spesso protagonista di incidenti e siccome è antipatico alla maggior parte dei tifosi, è venuto quasi naturale dare a lui per primo a la responsabilità di quanto successo a Singapore. Eppure se c’è uno che ha meno colpe degli altri questa volta, preso a sandwich come è stato tra le Ferrari, è Max. Per cui vediamo di sfatare un po’ di luoghi comuni sulla controversa gara di Singapore.

COLPA DI VETTEL CHE HA STRETTO VERSO SINISTRA

In linea di massima la manovra di Vettel ha contribuito a innescare l’incidente perché ha finito per togliere spazio a Verstappen e Raikkonen. Però chi parte in pole e si viene a trovare davanti, ha il sacrosanto diritto di scegliersi una traiettoria. E anche di chiudere la strada ed intimidire chi sta dietro per evitare che tenti un attacco. Se pensate che in F1 si debba viaggiare sempre diritti senza coprirsi le spalle, credete alle favole. È come dire che un calciatore deve in ogni momento evitare il contatto oppure rinunciare alla marcatura. Andiamo, il motorsport è fatto di questo: tentare il sorpasso, intimidire l’avversario, stringerlo per fargli capire che di lì non ti lascerò strada. Sempre entro certi limiti.

Tra l’altro a fine gare Hamilton ha spiegato, e in un certo senso giustificato, la manovra di Vettel. Secondo l’inglese il pilota che scatta in pole, dalla sua posizione non riesce a vedere chi è dietro di lui nella casella n.2 per via della posizione troppo angolata. “È successo anche a me a Monza - raccontava - e mi sono reso conto che non vedevo l’avversario dietro in griglia (Stroll, ndr) dagli specchietti perché era nell’angolo cieco. Per cui appena parti ti viene istintivo andare comunque verso l’interno a coprire la traiettoria per evitare di lasciare un varco. Tu non sai bene se il tuo avversario è partito meglio di te e ti sta per affiancare oppure se hai preso un certo vantaggio. Fai la manovra di copertura e basta”. È quello che ha fatto Vettel.

VERSTAPPEN DOVEVA FRENARE PER EVITARE IL CRASH

Tesi assurda. Nessun pilota in partenza frena o rallenta. Al contrario, cerca un varco per insinuarsi dove possibile. Tanto più un pilota aggressivo che sa che la staccata della prima curva è una delle poche occasioni per compiere un sorpasso. Stavolta Verstappen è il meno responsabile perché quando uno è preso a sandwich fra altri due, mica può scomparire di colpo per evitare una collisione.

Poi teniamo presente una cosa: un incidente del genere abbiamo avuto tutto il tempo di rivederlo più volte, a velocità normale e al ralenty, fotogramma per fotogramma. Ma in gara tutto accade in un attimo. A quel punto del crash le macchine erano già in quarta marcia e viaggiavano a oltre 150 km all’ora. A quella velocità in un secondo si fanno 41 metri, vale a dire che in due decimi - che è il tempo di reazione normale di un essere umano - si percorrono più di otto metri. E le auto distavano fra di loro meno di un metro… Quindi non c’era il tempo fisico per una manovra di reazione una volta capito che la situazione era compromessa.

RAIKKONEN NON DOVEVA BUTTARSI DA QUELLA PARTE

E che altro doveva fare? Kimi era scattato benissimo, aveva azzeccato la partenza della vita e approfittando di un’esitazione di Verstappen aveva scelto il varco sinistro, fra Red Bull e muretto box. A quel punto, trovato quel corridoio, non poteva fare altro che proseguire in accelerazione lì sperando di non venire “chiuso”. Mica poteva cambiare più direzione. Vogliamo rimproverarlo perché è partito troppo bene? Abbiamo passato una vita a criticare la sua arrendevolezza e una volta che fa una partenza da urlo, lo mettiamo in discussione? Fanno ridere quelli che dicono che doveva preoccuparsi di marcare Hamilton e non attaccare Verstappen. Un pilota di F1 in partenza cerca di scattare meglio possibile al via e di guadagnare posizioni. Se parti con il pensiero rivolto solo a marcare il rivale dietro di te, perdi l’attimo giusto ancor prima di cominciare. Forse Raikkonen poteva sfruttare quel metro più a sinistra fra asfalto e muretto box per trovare ancora un po’ di spazio e magari avrebbe evitato il primo contatto con Verstappen; ma è facile dirlo col senno di poi.

È STATO UN INCIDENTE DI GARA

Anche se Lauda e Villeneuve danno a Vettel il 100% della colpa, la conclusione più corretta è che sia stato quello che in F1 si chiama un “incidente di gara”, storpiando il vero significato della definizione. Perché nella lingua inglese della F1 si dice “Race incident”, dove la parola “incident” sta per “episodio”, non per crash (che invece si dice “accident”). Èd è anche quanto hanno deciso i giudici. Una definizione coniata apposta quando in una collisione non c’è un errore chiaro di uno dei piloti in particolare, ma il crash è frutto dell’agonismo e di un concorso di circostanze. E dello spirito essenziale che anima le corse automobilistiche, che è quello di tentare di mettere le ruote davanti all’avversario ( in modo lecito, ovviamente). Certi incidenti fanno parte della dinamica delle corse, c’è poco da scandalizzarsi. Sono sempre successi e sempre accadranno. Specie in partenza quando le macchine sono tutte vicine. Quindi niente processi sommari. Né moralismi eccessivi.

SI DOVEVA PARTIRE CON LA SAFETY CAR

Tocca sentire anche questa! Ma come, siamo andati avanti per anni a dire che è ridicolo non dare ai piloti la possibilità di partire da soli sul bagnato perché non sono femminucce. Finché non hanno fatto la nuova regola che prevede via da fermo anche sotto la pioggia. E per una volta che viene applicata correttamente, la si contesta?

ERRORE “TATTICO” DI VETTEL

Si, questa è un’obiezione giusta. Vettel aveva tantissimo da perdere nella sua condizione di sfidante di Hamilton in campionato. Seb aveva come primo obbligo quello di finire la gara a punti, e subito dopo di vincere la corsa. Quindi avrebbe fatto meglio a cercare di tenersi alla larga dai guai in qualsiasi situazione, la partenza per prima cosa, visto che ora ha perso di colpo 25 punti e compromesso il mondiale. Ma poi mi chiedo: che avrebbe dovuto fare di concreto dopo un via non così brillante? Alzare il piede e farsi passare? Ovviamente no. Il modo migliore in una corsa per evitare i guai è cercare di stare davanti a tutti; ed è quello che lui stava provando a fare.

Per cui alla fine come si fa a criticare un pilota perché ci mette il cuore e la grinta? Se Vettel non avesse quel carattere determinato e aggressivo, non avrebbe  la pole ma sarebbe scattato in seconda o terza fila. E non starebbe giocandosi il titolo contro Hamilton ma si troverebbe molto più indietro in campionato. 


  • Link copiato

Commenti

Leggi autosprint su tutti i tuoi dispositivi